Technicolor è l’ultimo progetto di Giovanni Mayer, apprezzato contrabbassista noto per aver a lungo militato nel quintetto elettrico di Enrico Rava e per aver partecipato, tra gli altri progetti, alla Italian Instable Orchestra. In questa occasione torna a imbracciare il basso elettrico, suo ‘amore di gioventù’, in un quartetto nel quale alla sezione ritmica completata dalla consueta batteria (dietro alla quale siede Zeno De Rossi) si affiancano due tastiere, con Giorgio Pacoring a occuparsi di Rhodes, farfisa e piano elettrico e Alfonso Santimone che, oltre che degli strumenti pi’tradizionali’, gestisce anche laptop e samples.
Quasi due progetti separati: il primo per ordine di importanza (ma la cui registrazione è più recente) reca già nel titolo il motivo del ‘diritto di precedenza': “Featuring Marc Ribot” vede infatti il quartetto accogliere nelle sue fila uno dei maggiori esponenti della chitarra rock d’avanguardia, e insieme a lui Simone Massaron, altro sperimentatore che ha già avuto modo di farsi conoscere, anche attraverso i progetti curati dalla stessa Longsong.
Le dieci composizioni di “Featuring…” danno vita a un disco che, nelle sue sperimentazioni, conserva immediatezza di impatto e comunicazione con l’ascoltatore fin dall’incipit, uno smodato jazz-rock dal finale quasi ludico, per poi proseguire attraverso rarefazioni, esplosioni acide, parentesi prog e tratti impervi, resi accidentati dalle sincopi chitarristiche di Ribot e Massaron, cui il resto dell’ensemble cede volentieri il proscenio, riservandosi il ruolo, meno appariscente, di fornire una direzione al proseguimento del tragitto. Su scenari più congeniali anche ai meno avvezzi alla sperimentazione, si aprono improvvisamente finestre su panorami di avanguardia, in modo (e questo è il maggiore pregio del disco) assolutamente non traumatico e indolore, tanto da far ritrovare l’ascoltatore in territori più impervi quasi senza che esso se ne accorga.
Con il secondo cd, “Turtle Soup”, si risale invece al nucleo originario del progetto Technicolor: ecco allora che, nelle sei tracce presenti, i componenti del quartetto, non più legati dagli ‘obblighi dell’ospitalità’ hanno maggiormente modo di far sentire la propria voce. Rispetto al suo successore,
“Turtle Soup” è un disco più riflessivo, più spesso giocato sull’atmosfera e il rallentamento, spesso sfiorando i confini dell’ambient, talvolta valicandoli (ricordando magari il Robert Fripp più
‘liquido’) Tuttavia il gruppo si dà anche l’occasione di dimostrare di sapersi esprimere su registri più vivaci, dando sfogo ai propri ardori sopiti, ancora una volta con uno spirito molto ‘seventies’.
Nel corso delle oltre due ore di suoni c’è dunque motivo per divertirsi, scuotersi, concentrarsi o rilassarsi, nel segno di un progetto che non smette di tenere viva la curiosità di chi ascolta.
Losing Today parla di Technicolor
Marcello Berlich