Un disco di jazz elettrico, riletture di materiale scritto in passato a fianco di nuove composizioni scritte per l’occasione. E’ l’ultima sfida di Daniele Cavallanti, sassofonista (tenore e baritono) con quasi quarant’anni di attività.
L’occasione è il primo disco uscito per la milanese Long Song Records, etichetta di recente formazione, ma che si è già segnalata per un’attività fervente, concentrata sui settori più avanguardistici delle commistioni tra jazz e rock.
In questa nuova prova, per sua stessa ammissione differente sotto molti aspetti da quanto prodotto in passato, Cavallanti si fa accompagnare da una band di prim’ordine, nella quale spiccano due sperimentatori chitarristici come l’americano Nels Cline e il giovane Simone Massaron, e il compagno di lungo corso Tiziano Tononi (artefice insieme a Cavallanti, tra le altre collaborazioni, del progetto Nexus) dietro la batteria.
La mastodontica Hymsa, oltre diciannove minuti, campeggia trai sei lunghi brani che compongono una selezione caratterizzata, nella quale dominano compostezza formale e rilassatezza di toni. Tuttavia l’ensemble evita il rischio di sembrare troppo ‘rigoroso’, e l’impressione di ‘suonarsi addosso’, attraverso l’accurato inserimento di varie deviazioni dalla ‘retta via': e allora, di volta in volta, ecco sprazzi free, accennate derive siderali à la Sun Ra, perfino qualche allusione crimsoniana e, più spesso, suggestioni che rimandano alla grande stagione del jazz elettrico di Weather Report, Mahavishnu Orchestra, o, per restare a casa nostra, Perigeo.
Fino a lasciarsi andare nella semiconclusiva Fabrizio’s Mood (scritta insieme a Fabrizio Perissinotto, produttore e artefice della Long Song Records), dove il dialogo tra sassofono e chitarra, che ritorna come un filo conduttore nel corso di tutto il disco, raggiunge la sua massima creatività e libertà espressiva.
Intorno, il consueto calore sonoro, tipico del jazz elettrico, trasmesso dalle trame costruite da tastiere e contrabbasso, mentre sullo sfondo la batteria lavora senza sosta ad accrescere alternativamente la dinamica, la delicatezza, o la vivacità dell’insieme.
Un disco certo non agevole: la durata (globale e delle singole) tracce richiede lo sforzo di un ascolto attento, pena il rischio di perdere il filo, ma che dopo aver richiesto concentrazione e ‘serietà’ da parte dell’ascoltatore, sa essere avvolgente, e si concede volentieri attraverso il suo dipanarsi sinuoso.