Prendete quattro belle speranze del jazz italiano che non disdegnano rock e avanguardia, aggiungete un’etichetta discografica che di questo genere di contaminazione ha fatto la sua cifra stilistica, innaffiate il tutto con abbondante creatività e miscelate con l’energia di cento braccia. Il piatto si chiama “NoPair” e va servito caldo…
Chaos and OrderNoPair è il quartetto elettrico del compositore, clarinettista e sassofonista Francesco Chiapperini, originario di Bari ma di stanza a Milano, che in “Chaos and Order” è autore di tutti i brani ed imbraccia clarinetto basso e soprano; sono con lui Gianluca Elia al sax tenore, Dario Trapani alla chitarra ed effetti elettronici ed il batterista Antonio Fusco, trasferitosi di recente in Germania.
L’album in questione è uscito negli ultimi giorni dello scorso anno per Long Song Records (etichetta coraggiosa che da sempre propone ardite miscele sonore tra jazz, rock e musica improvvisata, come recita la didascalia presente sul suo sito Internet) e sin dal titolo esplicita le direttrici artistiche della sua progettualità: strutture formali preordinate si alternano a momenti liberi ed apparentemente caotici, che ad un ascolto più attento, tuttavia, si rivelano essenziali per sottolineare la qualità delle partiture e conferire direzioni diverse al flusso sonoro.
Gli ingredienti di questa miscela esplosiva sono apparentemente semplici: brani di durata medio-lunga (tra i 7 e gli 11 minuti, con una sola eccezione) che consentono continui cambiamenti di atmosfera e variazioni delle dinamiche anche all’interno dello stesso pezzo; formazione che sa trasformarsi all’occorrenza da quartetto a trio, duo e solo, sempre con estrema efficacia; suoni prevalentemente scuri e tempi che virano dal lento al velocissimo, talvolta a mezzo di breaks esplosivi, in altre occasioni mediante aumenti e rilasci della tensione espressiva; impasti sonori particolarmente originali e musicisti che, se dal vivo non lesinano virtuosisimi e vorticosi momenti solistici, in studio si mettono al servizio dell’insieme, con una particolare menzione alla chitarra di Trapani, che con i suoi annessi elettronici produce fondali di sicuro riferimento per i partners e non fa rimpiangere la mancanza di un basso in formazione.
Il brano di apertura, “EDAG”, propone un riff di matrice jazz-rock, da cui prende forma una intensa improvvisazione free del tenore di Elia, ben sostenuto dai fondali di Trapani e dai contrappunti del clarinetto soprano di Chiapperini; dopo il break, è il leader a farsi protagonista di un intervento solistico dal suono riverberato e dalle curve sinuose, prima della sezione finale che riprende il riff di apertura, per poi dissolversi in un’ambientazione tutta giocata su timbri ed effetti.
“Sliding Snikers” è introdotta da un bel solo di Fusco, che predilige, per l’occasione, puntare sui colori piuttosto che sul ritmo; gli inserimenti della chitarra prima e dei fiati poi fanno ribollire il magma sonoro e crescere la tensione, fino ad esplodere a metà brano in una energica scansione rock. Ma anche in questo caso il climax è destinato a cambiare presto, in una progressiva dissolvenza che si risolve in un bel solo di chitarra, per poi riprendere intensità e ritmo prima del dialogo finale tra i due fiati.
Uno degli episodi più riusciti è senza dubbio “Spreadsheet”, dall’inizio dolente, quasi come una vecchia “ballad”, con la melodia esposta dai due fiati da cui prende presto le mosse un bel tema bluesy del clarinetto; ma ancora una volta uno stacco netto ci porta altrove, ed un ritmo deciso fa spiccare il volo al tenore, sorretto da preziosi contrappunti chitarristici fino all’atterraggio, guarda caso, sullo stesso soffice terreno da cui era partito il tutto.
Segue “Heavy Walk”, con i fiati appoggiati su un pedale minimale di Trapani ed un drumming leggero di Fusco; l’assolo al clarinetto soprano del leader è caldo ed avvolgente e rimanda per qualche istante la memoria al deserto sahariano. Il break a metà brano sposta ancora una volta l’accento sul ritmo, ma questa volta la matrice rock è contaminata da reminescenze mediorientali.
“Brain Misty”, dall’inizio particolarmente greve, è valorizzata da un prezioso solo del tenore di Elia, in tono sommesso e a tempo lento, ricamato dai suoni di Trapani e in un secondo tempo dal clarinetto basso di Chiapperini; dopo un altro bel momento solistico di Fusco, che gioca a lungo con timbri e colori, la chitarra prende fuoco ed i fiati partecipano con energia esplosiva a tre minuti di puro rock.
Chiude l’album “No Pair”, altro pezzo di particolare efficacia e manifesto del gruppo sin dal titolo, introdotto in stile noise dalla sola chitarra, alla quale si uniscono poi la batteria ed i fiati, che sviluppano un tema reiterato quasi da film horror; suoni gutturali trasportano quindi l’ascoltatore verso un finale in cui la scansione rock è continuamente spezzata da suggestivi breaks di fiati e chitarra.
Insomma, non c’è di che annoiarsi; da ultimo occorre sottolineare la grande cura dei suoni e la qualità della produzione, sia in fase di registrazione che di assemblaggio del materiale; elementi indispensabili, questi, per apprezzare al meglio la proposta e la voce originale di un gruppo che farà sicuramente parlare di sè nel prossimo futuro.