La Foce Del Ladrone – Blow Up

BlowUp talks about La Foce Del Ladrone

L’elemento emulativo ed ironico del nuovo lavoro di Zuffanti, il suo disco più insostenibilmente leggero, non si riferisce solo a quel che è così palese da risultare ingannevole, ossia Franco Battiato (nel titolo, nel layout grafico e certo pure nella musica). investe tutta la temperie del suono italiota che potremmo raccogliere sotto la bandiera di “italiani Brava Gente”, in quella forma – un poco straniante, iperreale disegnata proprio da Zingales. Elementi bipolari appaiono qua e là tra le righe dei testi, mentre le melodie disegnano amenità filosofico-balneari, critiche sociali, visionarietà divulgative. Tutte istigazioni al coretto in macchina che solleticano il ventre molle della retorica (un raggio verde bruciava la vita in pochi istanti), ad un certo punto inquietano (ed a//ora io prendo un fucile con cui faccio una bella strage non sopravvive nessuno) e alla
fine… ‘chi se ne frega’ (e corro via verso un ‘idea / una nuova stagione). ll catanese dicevamo. Evidenti, ma accortamente parche, le citazioni punteggiano l’aria canzonettistica del brano di apertura che tanto per non nascondersi dietro ad un dito si intitola 1986 (On a Solitary Beach). Ma nella musica risuona tutta la dimensione citazionistica della cultura italiana, la nostalgia che ci ha condannato in maniera patologica al memorialismo sonoro-esistenziale. Viviamo una eterna proiezione dei ricordi ’60, ’70, ’80. Le impronte che riconosciamo di più sono degli Audio2 (quelli che praticarono la pornografia: imitare Battisti, senti In Cantina), di Tiromancino (la propensione romantico-esistenziale di Zampaglione, ad esempio giù per Capo Nord) e pure di Elio e le Storie Tese (quando sono ai vertici della simulazione ironica e quasi sembrano esserci e
non farci). ll passino di Zuffanti però ha buchini piccoli piccoli e l’impasto risulta di grana fine. Non fa citazionismo Zutfanti, ma rumina tutta la stagione culturale e gli spea-
kers / gli auricolari ve la riversano. C’è qualcosa di candidamente osceno in questo disco anche perchè non si riesce a dire, definitivamente, se ‘c’è o ci fa’ (a Fabio il prog-pop piace ma ne conosce assai bene i limiti. _ .). Certo la presentazione su facebook di Tommaso Labranca diventa ingombrante e rischia di sancirne lo status di prodotto ‘intellettuale’ (o comunque psicanalitico, il suo disco-confessione, dice). Noi ci mettiamo il carico da undici (qualcosa di meno…). Pur ricordandovi, infatti, che lo Zuffanti migliore è sperimentale, non riusciamo ad evitare la tentazione di entrare nel potenziale ‘ciclo di hype’ inserendoci tra i 20.200 risultati (data stesura recensione) di google con
l’invenzione del genere paracul-situazionista reflux pop. Genere che furoreggia nell’universo parallelo in cui Debord non si suicida ma diviene ospite fisso della Prova del Cuoco e in cui Roberto Mariani non muore d’incidente stradale. Lo stesso universo dove ‘Musica Strana’ diventa il tormentone dell’estate. (… il voto è consequenziale).

Dionisio Capuano

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