Ok, ho aperto la busta, tiro fuori il cd e ho detto, è Battiato. E in effetti leggendo e ascoltando le influenze sono palesi. La piccola differenza (Padrone/Ladrone) è spiegata così: “…penso che il ladrone, anzi i ladroni, siamo tutti noi musicisti/compositori”, Fabio si rivolge qui al fatto che oltre alla semplice ispirazione durante la composizione, c’è sempre un chiaro riferimento altrui. Come dargli torto? Spiegato il riferimento visivo e ovviamente strumentale, Fabio Zuffanti ha una carriera di diciasette anni alle spalle, come musicista, precisamente bassista prog-rock, nei Finisterre, e successivamente altri gruppi. Prima di arrivare al pop di “La foce del ladrone” ha avuto esperienze anche di elettronica, in stile Bluvertigo. E se azzardiamo a mischiare il prog-rock ad un minimo di elettronica, troviamo appunto alcuni dei pezzi contenuti in questo album. I testi spaziano tra sogni, vicende e ricordi anche molto personali (1986) e pure una piccola denuncia alla musica moderna e da tivù (Musica Strana, dal quale è tratto il singolo e il videoclip che annunceranno l’album), e alla società (It’s time to land). Complessivamente questo sentito omaggio a Battiato, è un ottimo disco di “semplice” pop, con le varie accezioni del termine, e ovviamente con i grandi cambi stilistici dati dall’esperienza di Fabio Zuffanti.