Free Fall Jazz on The Vancouver Tapes

Free Fall Jazz talks about The Vancouver Tapes

I più attenti ricorderanno che William Parker, assieme ad altri ospiti, ha già suonato con gli Udu Calls (alias il fiatista Daniele Cavallanti e il batterista Tiziano Tononi) in occasione di ‘Spirits Up Above’ del 2006. ‘The Vancouver Tapes’, che vede coinvolti solo i due musicisti nostrani e il bassista della Grande Mela, non rappresenta però il passo successivo a quella collaborazione, bensì una sorta di prequel. Le registrazioni risalgono infatti al Vancouver Jazz Festival del 1999, frutto di un DAT inaspettatamente ritrovato da Tononi. La qualità audio è, prevedibilmente, abbastanza cruda (ma comunque più che sufficiente), fattore che se da una parte potrebbe scoraggiare certi puristi del suono, dall’altra riesce a rendere bene l’idea dell’impatto e della “ruvidità” che il trio ha sprigionato sul palco quel giorno di Giugno di ormai quasi sedici anni fa.

Musicalmente i territori sono grossomodo quelli che potete aspettarvi se avete un po’ di familiarità coi nomi implicati, ossia un free jazz che celebra gli anni d’oro newyorkesi del genere, abbeverandosi non solo dai più “ovvi” (Ayler in primis, Don Cherry, finanche Marion Brown), ma anche e soprattutto dal sottobosco dei vari Marzette Watts e Frank Lowe. Il tutto si snoda in due “macigni” della durata rispettivamente di 42 e 33 minuti, dei quali il più riuscito è senz’altro il secondo, ‘Shadows Of The Night’, meno caotico dell’iniziale ‘Subterranean Stream Of Consciousness’, diviso tra ottime parentesi atmosferiche (l’intro con il flauto ney, per esempio) e momenti più ritmati che spesso tentano di seguire qualche spunto melodico, restando lontani da certi parossismi fini a se stessi anche nei passaggi più concitati. Il robusto contrabasso di Parker resta punto di riferimento e spina dorsale, mentre i due soci si alternano con disinvoltura con più di uno strumento: tenore e baritono per Cavallanti, percussioni di vario genere e numero per Tononi, che spesso assume anche il ruolo di “guida”, pur senza mai peccare di eccessiva invadenza.

Non un disco consigliato a tutti, ma per chi ama il genere una possibilità è quasi imperativa

Nico Toscani

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