stordisco.blogspot.it – Irrintzi

Iriondo, dopo anni passati a vestire i panni del navigatore, si siede per la prima volta al volante e, con la decisione e la naturalezza di chi sa perfettamente come si guida, dà gas; l’obiettivo è apertamente quello di intraprendere un viaggio sonoro che lo porti a visitare i luoghi della sua crescita, sia umana che musicale.

Da subito ci mostra il forte attaccamento alle origini basche, sia nelle sonorità ricche di strumenti folk e urla stridenti di “Elektraren Aurreskua” e “Il Cielo Sfondato”, sia nella testimonianza diretta, dalla viva voce del padre Kermel, sulla strage di Guernica (“Gernika eta Bermeo”), toccante capitolo storico-documentaristico del disco.

Ma non è che l’inizio; strada facendo ritroviamo quelle delizie elettriche, sperimentali, ruvide che sono state gioia per il palato dei musicisti milanesi (e non solo) ai tempi dell’ormai compianto SoundMetak, laboratorio musicale che lo stesso Iriondo aprì a metà del decennio scorso, presentate con il contributo attivo degli amici di sempre,Manuel Agnelli e parte degli Afterhours nella Lennoniana “Cold TurkeyPaolo Saporiti a sostituire la voce del Boss in “Reason To Believe e Bruno Dorella in “Hammer”, reinterpretazione acida e lo-fi di un classico firmato Motorhead.

A condire il tutto, il taglio politico di “Preferirei Piuttosto Gente per Bene Gente per Male, surreale incontro sonoro-concettuale tra la rapsodia meccanica di Francesco Currà e le celeberrime liriche del duo Mogol-Battisti, e dell’ inno antifranchista “Itziar en Semea, scorporato e riproposto in una personalissima versione noise.

Il viaggio di Iriondo quindi non può che essere considerato perfetto, quella perfezione soggettiva, preziosa, difficilmente visibile agli occhi esterni, ma naturale, quasi prevedibile per chi riesce ad ascoltare con il cuore.

Dopo anni passati sulla strada, alla domanda “favorisca i documenti”, ora Iriondo può permettersi di esibire Irrintzi, il migliore tra i documenti identificativi.Iriondo, dopo anni passati a vestire i panni del navigatore, si siede per la prima volta al volante e, con la decisione e la naturalezza di chi sa perfettamente come si guida, dà gas; l’obiettivo è apertamente quello di intraprendere un viaggio sonoro che lo porti a visitare i luoghi della sua crescita, sia umana che musicale.

Da subito ci mostra il forte attaccamento alle origini basche, sia nelle sonorità ricche di strumenti folk e urla stridenti di “Elektraren Aurreskua” e “Il Cielo Sfondato”, sia nella testimonianza diretta, dalla viva voce del padre Kermel, sulla strage di Guernica (“Gernika eta Bermeo”), toccante capitolo storico-documentaristico del disco.

Ma non è che l’inizio; strada facendo ritroviamo quelle delizie elettriche, sperimentali, ruvide che sono state gioia per il palato dei musicisti milanesi (e non solo) ai tempi dell’ormai compianto SoundMetak, laboratorio musicale che lo stesso Iriondo aprì a metà del decennio scorso, presentate con il contributo attivo degli amici di sempre,Manuel Agnelli e parte degli Afterhours nella Lennoniana “Cold TurkeyPaolo Saporiti a sostituire la voce del Boss in “Reason To Believe e Bruno Dorella in “Hammer”, reinterpretazione acida e lo-fi di un classico firmato Motorhead.

A condire il tutto, il taglio politico di “Preferirei Piuttosto Gente per Bene Gente per Male, surreale incontro sonoro-concettuale tra la rapsodia meccanica di Francesco Currà e le celeberrime liriche del duo Mogol-Battisti, e dell’ inno antifranchista “Itziar en Semea, scorporato e riproposto in una personalissima versione noise.

Il viaggio di Iriondo quindi non può che essere considerato perfetto, quella perfezione soggettiva, preziosa, difficilmente visibile agli occhi esterni, ma naturale, quasi prevedibile per chi riesce ad ascoltare con il cuore.

Dopo anni passati sulla strada, alla domanda “favorisca i documenti”, ora Iriondo può permettersi di esibire Irrintzi, il migliore tra i documenti identificativi.

squidsear.com – Gongfarmer 36

There’s a class of guitar experimenters who could be described as employing strict precision over freeform expressiveness. The music isn’t lacking in emotive impact — in fact, the rigorous control might in some ways allow the individual to stand out more.

Some of the forebears of strict-time improvisation are no longer with us. John Fahey, Michael Hedges and Rod Poole all died before their work seemed done. But others remain, one being Jim McAuley, who recorded in a trio with Poole and Nels Cline for a fantastic record released on Incus, the label co-founded by outré guitar godfather Derek Bailey. A second Acoustic Guitar Trio record was released by Long Song Records, and that label has now released a follow-up to McAuley’s excellent Gongfarmer 18, issued in 2005 by Nine Winds Records.

Gongfarmer seems to mean a survey of technique to McAuley: shortish tracks, generally five to six minutes, each exploring a different approach or preparation. On 36 he plays nylon, steel and 12 strings, and parlor and Dobro guitar, making additional use of a few simple objects (slide, tuning fork, emory board) to create ten distinct sound-fields for exploration. There’s a bluesiness to his playing at times; the tempo isn’t always strident but the precision in his playing is staggering. He gets into some prickly abstractions on “The Eyelids of Buddha” (at 11 minutes the longest track here) and some nice noise with vibrating implements on “Another November Night,” but it’s the nylon string excursions which are the most rewarding. The classical guitar isn’t heard as often in experimental music, so McAuley has more ground to stake as his own. On those four tracks he plays with baroque and flamenco guided by his own innovative spirit. And throughout, McAuley makes a beautifully uncommon music for guitar.

 There’s a class of guitar experimenters who could be described as employing strict precision over freeform expressiveness. The music isn’t lacking in emotive impact — in fact, the rigorous control might in some ways allow the individual to stand out more.

Some of the forebears of strict-time improvisation are no longer with us. John Fahey, Michael Hedges and Rod Poole all died before their work seemed done. But others remain, one being Jim McAuley, who recorded in a trio with Poole and Nels Cline for a fantastic record released on Incus, the label co-founded by outré guitar godfather Derek Bailey. A second Acoustic Guitar Trio record was released by Long Song Records, and that label has now released a follow-up to McAuley’s excellent Gongfarmer 18, issued in 2005 by Nine Winds Records.

Gongfarmer seems to mean a survey of technique to McAuley: shortish tracks, generally five to six minutes, each exploring a different approach or preparation. On 36 he plays nylon, steel and 12 strings, and parlor and Dobro guitar, making additional use of a few simple objects (slide, tuning fork, emory board) to create ten distinct sound-fields for exploration. There’s a bluesiness to his playing at times; the tempo isn’t always strident but the precision in his playing is staggering. He gets into some prickly abstractions on “The Eyelids of Buddha” (at 11 minutes the longest track here) and some nice noise with vibrating implements on “Another November Night,” but it’s the nylon string excursions which are the most rewarding. The classical guitar isn’t heard as often in experimental music, so McAuley has more ground to stake as his own. On those four tracks he plays with baroque and flamenco guided by his own innovative spirit. And throughout, McAuley makes a beautifully uncommon music for guitar.