storiadellamusica.it – Musica Da Cucina

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Dicono che le Amiina, il quartetto d’archi femminile meglio noto per essere presenza fissa e costante nei tour mondiali degli islandesi Sigur Rós, dal vivo siano in grado di imbastire una spettacolare, delicata rappresentazione fiabesca, pur nei limiti obbligati dalla trasposizione su palco. Mi piacerebbe essere più convincente e ficcante riguardo all’argomento, che invece sono costretto ad abbandonare per mancanza di riscontro diretto. Chi, invece, ha avuto l’occasione e la fortuna di assistere ad una delle loro recenti date italiane, con ogni probabilità, si ricorderà anche di Fabio Bonelli, il musicista in apertura di cartellone nascosto dietro il moniker Musica Da Cucina. Il classico pseudonimo weird di tricolore tinto da sbandierare nelle perigliose e da noi tanto amate gare del famolo strano, ci si sentirebbe in dovere di pensare. La realtà, al contrario, è un pochino diversa, giacché la correlazione tra i due mondi – gastronomico e sonoro, s’intende – non è, per questa volta, campata in aria, ma curiosa e ben tangibile: gli utensili culinari sono trasformati di ruolo in nuovi strumenti di disturbo, fonti di suoni e rumori, metallofoni e idiofoni, ammodernatori della musique concrète, da posizionare sui fornelli.

Decisamente bizzarro il contesto e la sua realizzazione, è vero. Molto meno stravagante ciò che viene costruito tutt’attorno al nucleo di “Musica Da Cucina”, secondo disco con questo titolo dopo l’esordio datato 2007. Bonelli, aiutato da un consistente numero di amici artisti, sceglie la carta dell’introspezione a singhiozzo, tinteggiando le diapositive di una musica che nasce, essenzialmente, negli ambiti chiusi delle piccole camere, con ascendenze post rock, minuti ricami folk, dolci armonie, dialoghi vocali. A tratti il mood, come quando entra in scena il clarinetto, tra scarni battiti ambientali ed essenziali arpeggi di chitarra, in “Lungo Il Mera”, è perfettamente speculare ai crepuscoli malinconici del Frank Schultge Blumm di “Summer Kling”. Nelle pieghe giocattolose che prendono alcuni pezzi, vedesi nello specifico il gorgogliante glockenspiel di “Zeffirina” o i sussulti freak nella lentezza cinematografica di “For Ellen”, si ripropone la questione dell’urgenza di un art pop tutto italiano, già sollevata l’anno scorso dal bislacco Music For Eleven Instruments. Il risultato finale è un album che fa della sua fragilità un grande punto di forza e sfodera una compattezza persino inusuale per il genere, perso nei balocchi di sonorità teoricamente astratte, ma realizzate pragmaticamente in maniera forbita e raffinata.

Musica Da Cucina, si fa sapere nella relativa biografia, ha suonato oltre 300 date in quattro anni, fra teatri, ristoranti, nursery e gallerie d’arte. Un po’ come ?aloS, il progetto solista di Stefania Pedretti degli OvO, ma non fatelo sapere ai puristi. Certo meno urticanti sono le combinazioni stilistiche, anche se gli esiti proposti non mancano di stuzzicare la curiosità. Il salto stilistico offre una certa, piacevole discontinuità di superficie, passando dalla perfetta concisione drakeiana di “Today” alle chitarre multistrati di “Chicchi Di Riso”, dalle sparute note di pianoforte scheggiate da decine di percussioni non convenzionali in “Arigna” al dagherrotipo autunnale di “Elvira E Amelia”, dal lieve crescendo per droni “fisici” in “Tanta Neve, Piedi Freddi” – forse l’episodio più genuinamente post rock dell’intera collezione, tra Dresda e certi Giardini Di Mirò – alla finale, conclusiva “Pasta Madre” (amplificata e riverberata a dovere tra le pareti del castello di Itri, in provincia di Latina), capace di raggrumare attorno a sé un’intensità sonora senza precedenti insistendo, con caparbietà minimalista, su un solo tema di poche note screziato da field recordings.

I disegni di copertina sono della nonna ottantacinquenne di Bonelli, Elvira Giorgetti. A voi stabilire se si tratta dell’ennesima presa di posizione arty o dell’ultimo tassello di un disegno coerente: noi ci siamo già schierati.

Marco Biasio

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