Musica da Cucina – sentireascoltare.com

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Dopo il meritato successo del primo album (anch’esso) omonimo, correva l’anno 2007, torna la Musica da Cucinadi Fabio Bonelli a solleticarci le orecchie con le inusuali frequenze di bicchieri, pentole, padelle, posate, grattugie e ammennicoli vari. Per chi non conoscesse gli ingredienti (tendenzialmente inalterati rispetto a quattro anni fa), si tratta di una ricetta a base di sontuose rarefazioni slow core di matrice Constellation, digressioni pop-folk rurali e lievi interferenze post-rock, il tutto infarcito di rumorismi concrète e condito con un pizzico di (sotto)voce.

A colpire è in primo luogo l’insospettato ventaglio di possibilità cromatiche che può nascondersi dentro ai pensili e in fondo ai cassetti, dove giacciono oggetti apparentemente insignificanti, qui abilmente maneggiati per la prepa-razione di gustose e raffinate pietanze sonore. Certo, l’inserimento di melodie vocali e soprattutto di strumenti propriamente musicali, quali chitarra, clarinetto e armonica, risulta fondamentale per la costruzione di una poetica credibile che superi i confini del gioco (le orchestrazioni minimali di Lungo il Mera), ma allo stesso tempo è il valore aggiunto delle onomatopee a fare la differenza (come le percussioni intonate in Tanta neve, piedi freddi).

Un approccio alla sostanza musicale delicato, intimo, domestico (è ovvio), come se Do Make Say ThinkThe Books e Giardini di Mirò si ritrovassero alle sei del mattino attorno a un grosso tavolo apparecchiato, nella cucina di un casolare perso in mezzo alla campagna autunnale, e iniziassero a gioche-rellare con le stoviglie, attenti a non svegliare i Matmos che ancora dormono al piano di sopra. Questo disco non cambierà la storia, ma ha la malinconia della reminiscenza, l’aroma del primo caffè e il fragile calore delle braci sopite.

Antonio Laudazzi

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