La Foce Del Ladrone – ilmascalzone.it

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Giocoliere e sognatore. Melanconico al punto giusto, quanto basta per coprire i dettagli di sottile ironia. Di trasformare la bile nera in irriverenza e coscienziosa speranza. Scende fino in fondo, Fabio Zuffanti. Fino ad arrivare alla “Foce del ladrone”, ultimo album dell’artista genovese in cui si racchiudono e condensano quasi venti anni di carriera e molteplici territori musicali. Un lavoro di pura musica pop, nell’accezione migliore del termine, dove si fa il verso al maestro compositore Franco Battiato. In effetti i rimandi, testuali e musicali, all’album che nel 1981 diede una forte scossa al successo dell’artista siciliano, sono più che evidenti. D’altronde non se ne fa assoluto mistero, né tantomeno si evince la voglia di celare o nascondere. L’artista, quello con la A maiuscola, non può non prendere ispirazione pur costruendo secondo i propri canoni. E’ una legge di natura. Nulla si crea o si distrugge. Tutto si trasforma. Allora tanto vale ritornare alla foce, laddove due universi possono incontrarsi e trarne arricchimento in un estasi di passione e ricordi (1986). Correndo sopra le onde “sciogliendo il pensiero come vele al vento” (Capo Nord), nella speranza di “catapultarmi dentro un mondo che non esiste e non esisterà, in cui la terra sparirà in un buco nero ed allora forse in un’altra dimensione ci saranno cose capovolte..tutti ascolteranno musica con la testa,con la pancia, con il cuore” (It’s time to land).
La delicatezza delle corde di violino accarezzano l’intero lavoro che ama perdersi nei meandri di una vita a metà del guado, tra realismo e surrealismo (In cantina, Se c’è lei), dove c’è tempo e spazio per attese, aneddoti, speranze e magari anche una Nuova Stagione, dove non leggere più troppe frasi insensate, verso una nuova idea. Atmosfera soft, trentanove minuti che scivolano via come un buon brandy d’annata. Fresco. Spontaneo. Che lascia il segno della piena senza mai scadere nel già visto e sentito, dove l’omaggio all’aria dismessa e contenuta del lavoro di Battiato, assume una veste originale, inedita. L’immaginazione, palestra per l’azione, trova ampiezza e pienezza di espressione in questi otto brani che strizzano l’occhio a certa tradizione italiana (Alberto Fortis, Enzo Carella, Lucio Battisti). Nulla è lasciato al caso e si vede, così come il retroterra culturale e musicale che fa da sfondo ad un sound che pare abbracciarti mentre, sulla poltrona di casa, consumi l’ennesimo Cohiba. Da ascoltare… e provare.

Simone Grasso

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