Ventiquattro improvvisazioni per pianoforti rotti o scordati trovati a New York, precisa il sottotitolo di questa che si potrebbe quasi definire musica immaginaria, ideale per mondi borgesiani come Tlon (dove alla base dell’aritmetica c’è la nozione di numero indefinito) o per qualche città invisibile calviniana (forse Zemrude, dove l’umore di chi la guarda ne cambia la forma) Musica di altri mondi, dove il pianoforte suona come uno xilofono, un cymbalom, un sitar, una chitarra a sua volta scordata à la Derek Bailey, o un qualche marchingegno elettronico analogico: sembra tanti altri strumenti tranne che un pianoforte, anche se a tratti si potrebbe pensare a uno strumento preparato alla Cage, così come a Fluxus sembra ispirarsi nello spirito questa registrazione. I suoni sprofondano dentro se stessi, oppure trovano equilibri armonici istantanei, spericolati; emanano insoliti riverberi e insomma fanno quel che pos- sono, essendo rottami o quasi. Molto riesce invece a fare Cipani, in questa sua prima uscita, inventando una serie di soluzioni ritmico-melodiche prodigiose, considerati gli strumenti scalcagnati che adopera. Strano e affascinante.
Fucile