Technicolor – Music Club

Music Club talks about Technicolor

Doppio cd, intuizioni sonore sul margine instabile tra tradizione ed innovazione, e perizia individuale controllata e sempre ben espressa nelle maglie di composizioni fresche ed eleganti. Giovanni Maier (già con Italian Instabile Orchestra e con Stefano Battaglia tra gli altri) conferma ed arricchisce il proprio bagaglio di esperienza creativa con questo lavoro che stempera l’inevitabile impegno del doppio album in una materia sonora che fa del basso elettrico e della doppia tastiera un marchio di fabbrica fresco e manovrato con consapevolezza, su cui l’ospite eccellente Marc Ribot libera la propria chitarra in un gioco di richiami e riflessi. Il primo disco, fin dall’iniziale “Segovia” maneggia un suono consapevolmente vintage eppure fresco ed interessante soprattutto nelle partiture tastieristiche di Giorgio Pacorig e Alfonso Santimone, capaci di scivolare disinvoltamente dai suoni più puliti a magnetiche sperimentazioni in odore di Weather Report, mantenendo la presa salda su una scrittura accessibile ma sempre articolata. “This is my Voice” è un iter riflessivo che stempera i toni prima della ritmata “L’Inafferrabile Fascino dell’Incompletezza”, che accentua i colori fusion del lavoro liberando gli strumentisti in un gioco complesso di voci e risposte, mentre “Riff” vive di una sperimentazione più audace ed abrasiva. E più audace, se vogliamo, è l’intera pasta musicale che compone il secondo cd “A Turtle Soup”, capace di alternare alle partiture meditative di “Aeropagods”, profondamente suggestiva nei suoi dodici minuti di puntillismi ritmici e scheletri tastieristici, le derive acide di “Grandi Speranze”, dove il richiamo a certo rock progressivo diventa una caratteristica fondamentale e capace di garantire freschezza e longevità alla release. Nota di merito – nell’opinione di chi scrive – per la conclusiva “One Long Song”, una meravigliosa alternanza di situazioni e scenari scanditi da un lavoro tecnico eccellente. In definitiva una realizzazione che sa provocare ed allettare, e che non solo conferma Giovanni Maier come uno dei grandi nomi del nuovo jazz, ma che sa rimanere nell’ascolto per molto, molto tempo.

JD

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