Abbiamo già parlato di Jim McAuley in occasione della recensione del cd “Vignes” dell’Acoustic Guitar Trio. Allora avevo scritto di McAuley: “ha un suono più folk, ma anche a lui questa categoria sta stretta”. Nulla di più vero e questo eccellente, davvero eccellente cd, non ho paura di parlarne in termini sinceramente entusiastici, conferma le sensazioni precedenti. Jim McAuley appartiene a quella curiosa categoria di musicisti a cui non basta muoversi all’interno delle coordinate note del loro strumento. No, McAuley si pone a cavallo tra altri improvvisatori radicali come Derek Bailey, Fred Frith, Joe Morris e Renè Lussier e chitarristi acustici scuola Takoma come John Fahey e Robbie Basho, le sue musiche, le sue improvvisazioni si caratterizzano per uno stile unico e estremamente personale che però non è mai didascalico: sempre intenso, sempre lirico McAuley non copia mai da nessuno, neanche da se stesso.
Questo nuovo cd, seguito ideale del suo primo album da solista (“Gongfarmer 18″) è una ricca collezione di registrazioni da solista tratta da spettacoli live, registrazioni in studio e casalinghe e ben testimonia l’ampio spettro creativo e poetico di questo chitarrista. Siamo lontani anni luce da qualunque forma di protagonismo musicale mascherato da virtuosismi esasperati, ma se cercate tecniche non ortodosse, accordature aperte, una commistione continua di elementi jazz, blues, folk, elementi classici e contemporanei, questo disco fa per voi.
Molto bella la sua versione del “Saltarello” di Vincenzo Galilei. Uno dei dischi migliori del 2012.
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Andrea Aguzzi